LINKEDIN: C’ERA UNA VOLTA UN SOCIAL NETWORK PROFESSIONALE

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C’era una volta un social network nato con lo scopo di aiutare le persone a costruire una rete di contatti professionali. Immagina un salone enorme dove milioni di persone sono intente a stringersi la mano e a scambiarsi biglietti da visita. Un posto dove tutti hanno la possibilità di creare sinergie parlando delle proprie competenze, raccontando i propri studi e le proprie esperienze lavorative. Ecco, questo servizio web si chiamava LinkedIn.

Sia ben chiaro, questo regno lontano lontano esiste ancora, ma come in ogni fiaba che si rispetti è minacciato da qualcosa (o qualcuno) e aspetta solo un coraggioso cavaliere che lo riporti agli antichi splendori. Per LinkedIn forse la missione non è così semplice!

Negli anni infatti, un social principalmente orientato al mercato del lavoro, ha preso una brutta piega diventando una piattaforma ibrida considerata da molti simile a Facebook o peggio a un sito di online dating. È imbarazzante, ammettiamolo. Un tempo ci si lamentava delle molestie subite dal capo o da colleghi inopportuni, adesso il provarci sul posto di lavoro sembra essere stato sdoganato in una sua versione 2.0 e aver fatto perfino un passo in più.

Infatti, se prima eventuali avances arrivavano da persone conosciute, con LinkedIn è possibile ricevere indesiderate attenzioni anche da personaggi casuali pronti a contattarti senza alcun fine professionale. Te ne accorgi facilmente: non svolgono un’attività minimamente attinente con la tua, hanno un profilo compilato in modo parziale e generalmente esordiscono con un “Di dv sei?”. Tralasciando l’ortografia malandata e senza addentrarci in un’eventuale analisi logica e grammaticale, la regola numero 1 è non accettare mai richieste di questo tipo. A meno che tu non sia un’azionista di Meetic, il broccolamento online è una skill che è meglio non avere sul CV!

Un’altra frontiera di LinkedIn è l’utilizzo di questo social da parte delle escort. Momento di silenzio. Momento di imbarazzo. Momento di perplessità. Qualcuno potrebbe sempre controbattere dicendo che in fondo è pur sempre una professione. Momento di sconforto. Molte si celano sotto la dicitura “modelle”. Peccato che i servizi offerti non siano soltanto fotografici!

Questa giungla digitale rispecchia, ahimè, la diffusa mentalità dei nostri giorni.

Faccio cose, vedo gente e magari trovo anche una che ci sta. Non mi addentrerò in citazioni latine sulla decadenza dei costumi in stile “O tempora, o mores” o sulla morale traballante che ogni giorno traspare dall’uso indiscriminato di internet. Mi limiterò a rimpiangere quando il curriculum serviva per rendersi credibili agli occhi di un possibile datore o partner di lavoro. Quando piuttosto che essere usato come arma da rimorchio si limitava a essere scudo di piccole bugie come il famoso inglese fluente. Probabilmente nessun impavido paladino verrà a salvare il regno di LinkedIn ma forse ognuno di noi può fare del suo per renderlo un posto migliore.

Tre piccole regole prêt-à-porter:

  1. Scegli una foto profilo seria. Non significa una fototessera o uno scatto con sguardo triste. Un bel sorriso è sempre un’ottima presentazione. Semplicemente evita fotografie in spiaggia, selfie con la duck face e immagini di te in versione allegra after party.
  2. Non mentire. A meno che la tua conoscenza del cinese e le esperienze di volontariato in India non siano vere e verificabili, lascia stare. Meglio menzionare i tuoi 6 mesi di stage a far fotocopie che millantare esperienze da avventuriera.
  3. Non condividere contenuti strettamente personali. Le foto delle tue vacanze, del gatto o i post del buongiorno possono anche finire su Facebook e Instagram. Grazie!

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